“Vuoi venire in Indonesia con me?” esordisce Laura in una bella mattinata napoletana davanti ad un caffè fumante e lì la mia mente già comincia a viaggiare…mi serve un atlante geografico! Ovunque cerco notizie, la prima frase si ripete come una specie di litania ” il più grande paese musulmano al Mondo” e allora mi dico “andiamo a controllare”, ad aprile si parte per l’Indonesia.
Leggo la mia guida in aereo, come sempre, il viaggio è lungo, avrò tempo di immagazzinare notizie e cercare di capire dove sto andando: un paese con una storia incredibile, dove tutti hanno provato e provano a mettere ordine e disciplina tra le diversità più pronunciate del pianeta.
E’ il primo viaggio con Laura, abbiamo fatto alcune cose insieme ma sempre in gruppo…diverse tanto e così vicine nel sapere che, per molte cose che vedremo in questo viaggio, siamo l’una la compagna di viaggio giusta per l’altra.
Arriviamo a Giakarta dopo circa 24 ore di viaggio con uno scalo breve a Dubai e chiaramente il caldo umido e appiccicoso ci accoglie inesorabile nel posto più a est finora da me visitato. E’ sera tardi, l’aeroporto è vivace e molto ordinato, sembra davvero un crocevia di popoli e culture…mi guardo intorno come una bimba al lunapark! Laura sorride e con la sua faccetta sorniona sa già che m’innamorerò di tutto ciò.
Fuori agli arrivi ci aspetta la navetta del nostro hotel che ci vedrà qui solo per stanotte, questo giro a Giakarta sarà un attimo, ho già un buon motivo per ritornare e visitare la capitale dell’isola più popolata al mondo. Andiamo a nanna, di corsa, dobbiamo puntare la sveglia alle 5 e prendere il volo per Yogyacarta.
Il viaggio comincia proprio da qui, da Yogyakarta: lascio Laura alle sue faccende indonesiane e mi affido alla mia simpatica guida che parla un ottimo italiano e che mi porterà in giro tutto il giorno…essere qui da sola mi sembra ancora una cosa impossibile eppure mi sto dirigendo verso il Prambanan!
Percorriamo le strade ampie e trafficate di questa città, conosciuta come il centro della cultura e dell’arte giavanese e già mi piace da morire: “il caos ordinato” lo chiamo io, quello che puoi incontrare solo in Asia e dove non ti senti mai a disagio. Abbiamo un pò di strada da fare, faccio due chiacchiere con la guida, mi dà preziose informazioni sul paese in generale e su quello che vedremo durante la giornata e intanto eccoci: davanti alla biglietteria del Prambanan scopriamo in due che esiste un biglietto unico, scontato, che ti consente di visitare i due siti più famosi di Yogyakarta…e noi continuiamo a parlare di “suddelmondo” con quell’aria saccente di abitanti della parte civilizzata.
Passeggiamo con calma in questi giardini fantastici pieni di orchidee giganti e di alberi secolari…quando all’improvviso eccolo…ho una specie di vertigine: ho sempre avuto una forma inconscia di venerazione dei templi induisti, amato in maniera incondizionata quelle loro divinità sorridenti e minacciose allo stesso tempo. Davanti al Prambanan c’è da “uscire fuori di testa”: patrimonio mondiale dell’Umanità, il complesso conta diversi templi, i più famosi sono i tre principali dedicati a Brahma, Vishnu e Shiva. Questi tre dominano la visuale in mezzo a tutti gli altri che vanno a formare una specie di corte. In particolare il tempio di Shiva è giustamente quello più apprezzato da tutti, al punto che molti lo considerano il massimo monumento induista dell’Indonesia.
In origine il complesso pare fosse composto da ben 232 templi, in seguito si scoprì che molti di questi in realtà non erano templi ma mausolei di antichi re. Purtroppo a metà del 1600 un terremoto devastante rovinò parte delle strutture, una ricostruzione dei templi principali iniziò nel 1918 e terminò nel 1953, tuttavia un nuovo terremoto nel 2006 colpì l’isola di Giava e danneggiò nuovamente le costruzioni, anche se con danni di lieve entità, e rimase chiuso ai turisti per un periodo di tempo.
La guida mi esorta a mettermi all’ombra per ascoltarlo…io sono come stregata, madida di sudore, con la testa che mi bolle e gli occhi che non riescono a staccarsi da questa meraviglia. Passeggiamo con calma, mi racconta tante cose del passato e dell’Indonesia moderna e con calma ci avviamo all’auto, la seconda tappa della mattinata è il Borobudur: ” se il Prambanan ti ha lasciato senza fiato, il Borobudur ti farà piangere” …la guida mi sta sfidando!
Percorriamo in auto un bel tragitto tra villaggi, foreste di banani e strade tortuose, chiacchieriamo piacevolmente: parliamo di religione, che qui anima e invade qualunque azione quotidiana e mi accorgo subito di quanti stereotipi è fatta l’informazione di cui ci nutriamo e di quanto poco si avvicina alla realtà. Amo questo loro modo di accoglierti e di farti sentire “a casa”, il senso forte della loro terra e l’orgoglio di raccontarla a chi non la conosce…potrei stare ad ascoltare per giorni e non mi fermo da 48 ore.
Mentre il Prambanan è praticamente attaccato a Yogyakarta, il Borobudur è a circa 40 km dalla città e qui la natura la fa da padrona: non ti accorgi di nulla fino all’arrivo al sito, perchè cammini in piano, ti guardi intorno, ci sono giardini curatissimi e tante scolaresche vivaci che scattano foto…poi c’è quella scalinata che ti spezza il respiro e sei di fronte a qualcosa che non riesci a “dimensionare” finchè non hai superato l’ultimo gradino…ecco mi ha fatto piangere!
Borobudur è un monumento buddhista risalente circa all’800 d.C., patrimonio mondiale dell’UNESCO. È stato oggetto di paragone con altre opere colossali dell’antichità, ad esempio le Piramidi di Giza; ha infatti una base di 123 x 123 metri ed un’altezza di 35 metri, poggia su circa 1.600.000 colossali blocchi di pietra e le sue pareti sono ricoperte da 2.672 bassorilievi (per una lunghezza complessiva che supera i 5 km e una superficie che arriva agli 8 km²), di cui più di 1.400 narranti storie riguardanti Buddha e da 504 statue dedicate a quest’ultimo….numeri da capogiro.
L’edificio è strutturato in 10 terrazze, che corrispondono alle 10 fasi del cammino spirituale verso la perfezione, divise in tre gruppi con un significato ben preciso, i tre regni del samsara:
– il primo livello rappresenta la vita nelle spirali del desiderio
– i 5 livelli quadrati rappresentano la progressiva emancipazione dai sensi
– le ultime tre terrazze circolari simboleggiano il cammino progressivo verso il definitivo nirvana
Sulla cima dell’edificio è presente una serie di stupa, con una centrale che è poco più grande delle altre e la sua architettura è simile alle altre, quindi la cima non è il punto di culmine del viaggio, ma è il viaggio il culmine di se stesso. L’intero cammino è caratterizzato dalla presenza costante e ripetuta di nicchie contenenti statue di Buddha e ogni Buddha è diverso dagli altri.
Circumambulando il devoto buddhista meditava lungo le terrazze successive ricche di progressivi insegnamenti, accumulando meriti e liberandosi progressivamente dalla mondanità, giungendo infine alla liberazione della sofferenza ovvero al nirvana, rappresentato dalla sommità del monumento.
Nonostante la canicola, percorriamo il cammino e godiamo del silenzio di questo posto incredibile: la vista si perde tra la foresta disseminata di piccoli villaggi e questi Buddha imperturbabili che scrutano l’orizzonte…ho una gran voglia di abbracciarne uno, ma le regole lo vietano e me lo guardo estasiata.
Quando la guida riesce a “scollarmi” dal Borobudur, siamo completamente disidratati!
Ci fermiamo all’ombra a bere qualcosa di fresco e decidiamo cosa fare nel pomeriggio al rientro in città.
Giro turistico di rito, tra motorini e auto che sembrano toccarsi sempre e visita ad una fabbrica locale del batik: vedo queste donne che per ore e ore sono chine su queste stoffe che magicamente diventano dei quadri da appendere: la tecnica è da libro delle favole, con la cera si costruisce il disegno e con una serie di bagni di colore si dà anima alla stoffa…ecco sono nel posto giusto per il primo shopping!
Mi accompagna in hotel nel tardo pomeriggio, Laura è appena rientrata e decidiamo di goderci un pò di relax sulla terrazza dell’hotel, dove respiriamo ancora l’odore di questa città e ci raccontiamo la nostra giornata. Ceniamo in hotel con un ottimo Nasi Goreng, birretta di rito e ci prepariamo ad affrontare i prossimi 4 giorni nel Sulawesi….
Buona lettura!
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